I fratelli De Rege, sono la più celebre coppia di avanspettacolo tra le due guerre. Guido, o meglio Bebè, alla ribalta era arrivato prima, come generico. Riuscì quasi subito a far scritturare come attrezzista il fratello minore Giorgio, in arte Ciccio. Guido creò il numero d’insieme, assumendosi il ruolo di spalla del fratello eletto a comico, con un enorme naso di cartone: Bebè che si danna di fronte all’idiozia di Ciccio, sommerso dagli insulti, dalla raffica delle domande e delle intimidazioni, fino all’esplosione del non senso. Il duetto finiva, tra grandi risate, con Bebè che, toccando la spalla del compare, annunziava: “Noi ce ne andiamo via”. Il successo fu grande; il rapporto, simile a quello dell’augusto e del clown bianco nel circo, giocava su una contrapposizione estrema, il furbo e il trasognato, l’eterna variante di Sancho Panza e Don Chisciotte.

Riservati e abili nella gestione dei loro affari, i due fratelli erano legatissimi anche nella vita, a tal punto che neppure il matrimonio del maggiore li separò, convivendo in tre fino alla morte. Che giunse per Guido, a Milano, alla fine della guerra. Giorgio sopravvisse tre anni, cercando di continuare a lavorare.

Dapporto, che era amico del più giovane, racconta nelle sue memorie i giorni della malattia e del funerale, e il suo debutto poi come spalla di Ciccio, in uno spettacolo del dopoguerra Ba-Bi-Bò.

 

Una sera, a Torino, dopo un anno di recite al Teatro Reposi morì anche l’altro De Rege. E se la salma del primo fin“ nella fossa comune, come poteva accadere in tempi di guerra, la scomparsa di quella di Ciccio, è misteriosa. I biografi pensano che sia sepolto senza indicazione nella tomba di famiglia, di origine nobile, e pertanto restia a riconoscere una parentela stretta con chi ha svolto anche magistralmente un’attività così plebea. Ma il riconoscimento i De Rege l’hanno avuto da tutti quei comici italiani che li amarono e a loro si ispirarono: dai Maggio a Dapporto.

Ritmo ossessivo, di una macchina perfetta, ma assenza totale di sentimento era la loro saliente caratteristica. Forse l’unica coppia a cui è possibile avvicinarli  quella costituita da Walter Chiari e Carlo Campanini, che nel loro sketch “Vieni avanti, cretino”, che citava appunto l’apertura più celebre del numero dei De Rege, ne tentarono una riuscita, abile imitazione.

Nel 2001, in merito ad una trasmissione televisiva della Rai “Vieni avanti cretino!” la conduttrice e presentatrice comica, Serena Dandini dichiarò: “Vieni avanti cretino!”, la battuta che dà il titolo alla trasmissione, fu coniata dai fratelli De Rege che abbiamo eletto personaggi-simbolo della nostra inchiesta per via della loro capacità di trasformare la realtà in un nonsenso.

In coppia hanno partecipato ai film:

 

MILIZIA TERRITORIALE

Regia di Mario Bonnard con Antonio Gandusio, Leda Gloria, Rosina Anselmi, Giorgio e Guido De Rege, Gemma Bolognesi.

(Genere Commedia, 75 min. – Italia 1935)

Il Cavaliere Orlandi, impiegato presso un calzaturificio è del tutto succube e del principale e dei suoi colleghi, anche in famiglia egli è vessato dalla propria dispotica sorella. Ma allo scoppiare della guerra egli è richiamato con il grado di maggiore e ritrova, con il comando, tutta la propria fierezza di uomo.

 

ALLEGRI MASNADIERI

Regia di Marco Elter. Con Camillo Pilotto, Virgilio Riento, Assia Noris, Guido De Rege, Giorgio De Rege, Mino Doro. (Genere Commedia, 87 min. – Italia, 1937)

Questo film scritto da Amleto Palermi è uno dei pochi interpretati dagli indimenticati (grazie anche a Walter Chiari) fratelli De Rege, celebri in quegli anni negli spettacoli di varietà. Qui i due De Rege sono nei panni di due servitori con il compito di riportare a casa la figlia del padrone, fuggita per non sposare un nobile a cui è stata destinata.

 

LASCIATE OGNI SPERANZA

Regia di Gennaro Righelli. Con Maria Denis, Antonio Gandusio, Guido De Rege, Giorgio De Rege, Elli Parvo, Rosina Anselmi. Commedia, 95 min. Un uomo sogna nella stessa notte i numeri del lotto e il giorno e l’ora esatti del suo decesso. Gioca i numeri e vince. Italia, 1937

 

L’ALLEGRO CANTANTE

Regia di Gennaro Righelli con Alessandro Antonelli, Franca Barale, Nicola Maldacea, Maria Dominiani, Cesare Zoppetti, Guido e Giorgio De Rege. (Genere Musicale, 88 min – Italia 1938.

Un cantante e la sua fidanzata aiutano due fratelli a trovare il padre di una bambina. La ricerca è legata ad una cospicua eredità che andrà ai due fratelli non appena rintracciato il misterioso genitore. Si scoprirà che il padre della bimba è il cantante stesso.

 

GLI ASSI DELLA RISATA

Regia di Roberto Bianchi Montero e Guido Brignone con Titina De Filippo, Anna Magnani, Luigi Pavese, Paolo Stoppa, Aroldo Tieri, Guido e Giorgio De Rege.

(Genere Commedia – min. 85 – Italia 1943).

Film composto da 5 cortometraggi. I De Rege sono protagonisti de “Il Mio Pallone”.

 

Inoltre, Giorgio, da solo, ha partecipato ai film:

CASANOVA FAREBBE COSÌ

Regia di Carlo Ludovico Bragaglia. Con Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo, Clelia Matania, Giorgio De Rege. Commedia, 92 min. Don Agostino scommette con gli amici che riuscirà a trascorrere una notte con la virtuosa moglie di Don Ferdinando, Maria Grazia. Effettivamente, approfittando dell’assenza di quest’ultimo, riesce a introdursi in casa di Maria Grazia, pregandola di nasconderlo dai carabinieri. Torna però Don Ferdinando, mette alle strette l’impostore e lo costringe a restituirgli delle vecchie cambiali per pagare il suo silenzio. Italia, 1942.

 

NON TI PAGO!

Regia di Carlo Ludovico Bragaglia. Con Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo, Paolo Stoppa, Vanna Vanni, Giorgio De Rege, Titina De Filippo.

Un gestore d’un banco lotto si rifiuta di pagare una forte somma vinta da un suo odiato dipendente, poiché questi ha avuto i numeri vincenti in un sogno in cui appariva il padre morto del principale. Alla fine un matrimonio li rappacificherà. Ita Commedia, 72 min.

 

Guido e Ciccio De Rege erano delle grandi celebrità, ma nessuno sapeva niente di loro. Nessuno sapeva che erano nobili, figli di una celebre famiglia piemontese, i De Rege Di Donato di San Raffaele.

Nessuno sapeva che erano nati a Casagiove, a due passi da Caserta, solo perché il padre, ufficiale di fanteria, era a quel tempo di stanza nella reggia di Caserta. Nessuno sapeva che Guido era scappato di casa per fare l’attore e che Ciccio era stato avviato alla carriera diplomatica dalla famiglia, che gli aveva trovato un posto di accompagnatore del Ministro sovietico Cicerin durante la conferenza di Genova del 1922. Nessuno sapeva che avevano una sorella geniale e comprensiva, una pittrice, che cercava continuamente di riavvicinarli alla famiglia. Nessuno sapeva che anche Ciccio aveva deciso di abbandonare i suoi e seguire il fratello dalle quinte. Pochi, poi, conoscevano la favola della nascita del loro duo. Che andò cos“: Guido recitava come generico in una compagnia minore, Ciccio era attrezzista nella stessa compagnia. Un giorno, il comico della compagnia si ammalò e l’impresario, non sapendo come fare, mandò in scena l’attrezzista Ciccio. Ciccio era timido, non voleva recitare, e preso dall’emozione iniziò a balbettare e a “storpiare” le parole, il pubblico rise da pazzi ed ebbero un successo incredibile. Cos“, Guido e Ciccio si licenziarono dalla compagnia, si misero in proprio e fecero coppia fissa. Girarono i teatri d’Italia raccogliendo consensi unanimi e conquistando quasi subito il nome più esteso sui manifesti, privilegio che toccava solo ai beniamini del pubblico, agli artisti più ricercati e pagati. Unici attrezzi di scena erano il naso finto di cartone povero, legato con un filo di cotone nero visibilissimo anche dalle ultime poltrone della galleria che Ciccio, portava sopra ad un paio di baffi posticci neri. In scena Guido indossava eleganti abiti da passeggio ostentando un bel cappello sulle ventitré, mentre Ciccio portava una bombetta, una giacca nera e i pantaloni a righe. Erano abiti della medesima taglia, ma Ciccio che era più piccolo di Guido, cascava dentro la sua giacca e ai suoi pantaloni.

Guido morì in una pensione di Piazza Duomo a Milano nel febbraio del 1945. I testimoni di quella morte solitaria raccontano che Ciccio aveva continuato a fare “mossette” e battute fino all’ultimo pur di vedere ridere il fratello morente. Nella città assediata dai nazisti, pochi seguirono i funerali; fra loro c’era anche Carlo Dapporto, che si offrì di fare da spalla a Ciccio, in futuro.

Nel 1948 morì anche Ciccio durante una recita nel teatro Reposi a Torino. Morì in scena come Antonio Petito, come Moliere, quando se ne rese conto lo considerò un privilegio.

Nicola Fano
giornalista – scrittore