PREMESSA

In occasione del 150° dell’unità d’Italia, l’associazione culturale Fratelli De Rege, ha inteso contribuire all’evento mettendo in scena lo spettacolo teatrale Viva ‘o Re, usufruendo di una comunicazione assolutamente moderna, che impegna tutte le maestranze teatrali, per essere compreso da un pubblico quanto più eterogeneo possibile. Ciò prefiggendosi lo spettacolo parte dall’anno che ha segnato un’epoca, il 1799, proponendo tuttavia diversi spunti di riflessione su corsi e ricorsi storici con inevitabili confronti e parallelismi storici.

 

NOTA DELL’AUTORE FAUSTO SESSO

E’ l’ultima notte del secolo, gli ultimi rintocchi del ‘700. Nella cella del carcere borbonico è rinchiusa la Storia. La grande storia della rivoluzione napoletana del 1799, tragico confronto fra l’utopia di uguaglianza e giustizia sociale di una élite e la secolare condizione di ignoranza e miseria di un popolo. Solo cinque mesi, la vita della fragile repubblica. Tornato sul trono il re, tutti coloro che l’avevano voluta e realizzata sono saliti sul patibolo: l’ultima immagine che ha straziato i loro occhi è stata la ferocia della suburra in festa per la loro esecuzione. La piccola storia di un poeta, Giacomo Antonio Gualzetti, che ha rinunciato a versi eruditi e commedie lacrimose per scrivere una gazzetta in dialetto affinché il popolo potesse comprendere i principi della rivoluzione: liberté, égalité, fraternité. Cinque mesi, come un’intera vita. Ideali illusioni speranze entusiasmi paure dolori… E’ rimasta solo un’ombra nera sul muro, la morte, che lo guarda e sorride: aspetta, che anche lui salga quei pochi gradini. Nella cella irrompe la Vita. Carmine detto Settefacce, lazzaro del Pallonetto di Santa Lucia. Occhi caldi, sorriso malandrino. Questa è solo una faccia. Nelle altre, fame desiderio violenza. E’ analfabeta, ma insegna la vita al poeta, la vita vera, tenuta lontana per inseguire versi, personaggi, rivoluzioni… E gli mostra la morte. Non l’ombra d’inchiostro sul muro ma quella dei compagni giacobini: i calci al vento, la mannaia che cala, il sangue che scorre. Sono due isole divise da un mare immenso. Accettano di attraversarlo, quel mare. E vi si smarriscono, fra lacrime, minacce, risate, litigi, canti, ricordi, odio feroce e dolce pietas. Si ritroveranno su una striscia di terra ignota. Naufraghi. Stranieri a se stessi. Mutati entrambi da una consapevolezza nuova: ora lo so, al di là dell’orizzonte non ci sono paradisi né draghi, c’è mare… / forse ha ragione il poeta: il mare non finisce dove si calano le reti… La Storia, nello spazio angusto d’una cella. Lazzari e giacobini. Alla fine, resteranno soltanto due uomini. La Vita.

NOTE DI REGIA

Leggendo il testo di Fausto Sesso e Angelo D’Ambrosio mi è parso subito evidente, aldilà della narrazione prettamente storica dei fatti della Rivoluzione del ’99, la grande contemporaneità delle vicende che coinvolgono il poeta giacobino Giacomo Antonio Gualzetti e il lazzaro del Pallonetto Carmine Ruoccolo, detto Settefacce.

Due vite diverse, quella dell’intellettuale idealista da un lato e quella del popolano “pagnottista” dall’altra, che finiscono con l’incrociarsi in maniera drammatica ma sicuramente risolutiva.

I sentimenti, le parole, le vicissitudini, il dolore, la speranza di questi due uomini di fine ‘700  potrebbero essere gli stessi degli uomini del “nostro” tempo. Giacomo è sì un poeta di fine ‘700 ma potrebbe essere uno di noi. Carmine è un lazzaro della rivoluzione ma potrebbe essere uno di noi.

La storia si ripete. Questo è un bene? Un male? Difficile dirlo. Allora perché non legare il presente al passato attraverso un filo quasi impercettibile ma ben saldo?

Il carcere diventa una gabbia, che imprigiona ma nello stesso tempo lega due entità così diverse e così vicine. L’albero della Libertà diventa il simbolo di una vittoria mancata ma anche il ricordo di una speranza che fatica a morire.

La musica “senza tempo”, interpretata dal vivo, che accompagna questo ultimo lungo giorno del XVIII secolo, ci rammenta che il modo di intendere la rivoluzione può cambiare ma non cambia la sua finalità: ribellarsi all’ingiustizia per avere un mondo migliore.

Giacomo aspetta di morire. Carmine aspetta di tornare a vivere come ha sempre fatto. Il tempo scorre, inesorabile ma con esso scorrono parole, racconti, ricordi. Qualcosa cambia. Altro succede. Il sentimento prevale sulla ferocia della quotidianità.

La morte non riesce a smorzare le coscienze. O forse sì.

TRAMA 

Nella cella di un carcere si svolge la vicenda personale di due uomini in un preciso momento storico: il poeta Giacomo Antonio Gualzetti e il lazzaro d’’o Pallonetto ‘e Santa Lucia, Carmine Ruoccolo detto Settefacce.

Il primo vive battendosi per l’affermazione dei principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Unica sua fede è l’insegnamento di Eleonora Pimentel Fonseca morta ammazzata perché la gleba diventasse popolo. L’altro invece, fa dell’espediente l’unico modo per sbarcare il lunario e potere così arrivare al giorno seguente, schierandosi per questo dalla parte di chi meglio gli consente di vivere in totale anarchia, vendendosi.

I due si trovano per un piano preciso ma non immediatamente chiaro, a condividere lo stesso spazio e tempo di prigionia. Durante questa “forzata convivenza” vengono messe in luce le differenze ma anche le similitudini di due personaggi emblematici dell’epoca: il lazzaro e il giacobino, i quali rappresentano perfettamente le centinaia di presenze storiche che hanno animato e popolato la rivoluzione del ’99. Due personaggi che magistralmente raccontano, attraverso i loro vissuti, il momento drammatico in cui versava la città di Napoli e il Sud intero.

Tutto procede in un’alternanza di cordialità e tensione, di speranza e rassegnazione, tra lacrime e risate, amicizia e falsità… Tutto fino al 4 gennaio del 1800, quando il lazzaro abbandona la scena e il giacobino va in contro alla sua triste sorte.

 

 

AUTORI   FAUSTO SESSO e ANGELO D’AMBROSIO

 

RIADATTAMENTO TEATRALE MARIA BOLIGNANO e REGINA ADA SCARICO

 

CAST ARTISTICO: ENZO VARONE – GIOVANNI ALLOCCA – GIOVANNI D’ANCICCO

 

CAST TECNICO:    Regia: ENZO VARONE – Scenografia: FRANCESCO FELACO

Musiche: ILARIA SCARICOCostumi: GINA OLIVA –  Tecnico audio/Luci: PASQUALE PAPA